AO interviste, Nadal: "Moya vuole il meglio per me"

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AO interviste, Nadal: “Moya vuole il meglio per me”

Australian Open 2017. L’intervista pre-torneo a Rafael Nadal

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Come ti senti quest’anno alla vigilia del torneo?
Bene. Mi sento pronto. Mi sono allenato bene per un mese e mezzo a Maiorca. Ho avuto un ottimo inizio stagione ad Abu Dhabi e Brisbane. Quest’anno mi sono allenato bene nella settimana precedente.

Dicci qualche cosa della tua decisione di iniziare la collaborazione con Carlos Moya. Come sei giunto a questa decisione e perché?
Beh, prima di tutto Carlos è un mio caro amico da molto tempo e gli parlo spesso. Che sia o meno nel mio team ha poca importanza, no? Ho un grande rapporto con lui. In dicembre, quando abbiamo appreso che avrebbe smesso di collaborare con Milos Raonic, io e mio zio gli abbiamo parlato insieme. Per me è un’ottima opportunità. Lo conosco bene e so che vuole il meglio per me. Mi conosce e conosce il mio gioco. Può essere d’aiuto per me e per il resto della mia squadra perché è bello avere a bordo persone come lui. E’ una persona che ama questo sport e che al contempo conosce bene il mio modo di giocare a tennis.

C’è un motivo particolare per il quale hai deciso di portarlo in squadra ora e non anni fa?
Le cose capitano senza che tu possa prevederle e senza sapere quando è il momento buono e quando non lo è. Io non prendo decisioni schioccando le dita. Devo rifletterci e parlarne. Soprattutto, come sapete, il mio allenatore è mio zio. Una persona decisiva per la mia carriera, quindi devo parlargliene prima di prendere simili decisioni. Non prenderò mai un’iniziativa se zio Toni non è d’accordo. La stabilità per me è il valore fondamentale. Se zio Toni è contento di questa scelta  lo sono anche io e tutto il resto della squadra lo è perché Carlos è amico di tutto il team. Ci si conosce da 15 anni perché la squadra è sempre rimasta la stessa. E’ un nuovo inserimento nel team, ma molto facile da fare.

Molti pensano che la tua prossima chance di vincere uno slam è al Roland Garros. Sei venuto qui pensando di poter vincere sette partite consecutive in quindi giorni sul cemento?
Non lo so e non mi preoccupo perché non ci penso. Io penso alla prima giornata e penso ad allenarmi ogni giorno. Non so se sono o non sono pronto a vincere il torneo. Vedremo. Posso solo dire che mi sto allenando molto bene e che mi sto divertendo in ogni sessione di allenamento.  Mi sento pronto per la competizione e ad a farlo bene dal principio. Poi, non sai mai cosa può capitare. Questa è la verità.

Se non riuscirai a vincere il titolo, di cosa ti accontenteresti?
Il solo fatto di essere qui, di divertirmi e di essere di nuovo nel circuito dopo un po’ di tempo. La gente può pensare che non sia poi così tanto perché mi sono fermato dopo Shanghai. Ma a volere essere realistici ed onesti, dopo il Roland Garros l’unico torneo che ho disputato in buone condizioni, anche se non al 100%, è stato lo US Open. Ai giochi Olimpici, un grande evento avevo ancora un gran dolore al polso e poi un edema sulla mano. Dura giocare così. Ho giocato perché non volevo fermarmi di nuovo. Volevo provarci. A Pechino e Shanghai avevo troppo dolore e così negli ultimi sette mesi ho giocato un paio di incontri e niente più. Questa è la verità. Gioco a tennis perché mi piace ciò che faccio. Come ho detto un paio di giorni fa, se non mi sentirò competitivo, ovvero in grado di lottare per gli stessi obiettivi degli ultimi 10 anni, probabilmente me ne resterò a casa a pescare o a giocare a golf. Su questo sono onesto. Se sono qui è perché ci credo. Non so come andrà a Rotterdam tra due settimane, ad Acapulco, Indian Wells, Miami e Roland Garros. Io posso lottare per le cose che mi motivano davvero.

Traduzione di Roberto Ferri

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